25th marzo 2010
Chi l’ha detto che i confini degli Stati
sono sempre “sacri”, e, in quanto tali, naturali e giusti? Essi, in
Europa, sono spesso il frutto di circostanze, e il passaggio da uno
Stato all’altro è stato un evento comunissimo, senza che questo
significasse più che un accordo politico o un’imposizione del potente o
vincitore. Perciò sono innumerevoli i casi di nostalgie, irridentismi,
rivendicazioni… E ora è il turno di Nissa e della Savoia. Non so se le argomentazioni
giuridiche addotte dagli indipendentisti nizzardi e savoiardi avranno
successo; ma voglio intervenire un tantino sul caso in sè.
Non diciamo dei secoli che furono, ma prendiamo le mosse dal 1814,
quando il Congresso di Vienna sancì la resa della Francia entro i
confini del 1792 più Avignone pontificia; e il principio che
l’equilibrio del continente doveva impedire per l’avvenire ogni
espansione dei Francesi (monarchici, giacobini, napoleonici che fossero,
non importava). Perciò la sempre riottosa nazione venne circondata da
un sistema di Stati solidi e dalle frontiere difendibili: Regno dei
Paesi Bassi, con gli attuali Olanda e Belgio; la Confederazione
Germanica, in cui la potente Prussia si estendeva alla Renania; la
Svizzera dalla neutralità tutelata internazionalmente; e il non vasto ma
compatto Regno di Sardegna, esteso all’isola, alla Liguria, al Piemonte
con Val d’Aosta, e a Nizza e Savoia.
Nizza, antica contea, doveva difendere
la frontiera del Varo, avvolgendo anche il piccolissomo Principato di
Monaco: entrambi di tradizione ligure; la Savoia, culla della dinastia e
ad essa fedele, era abitata da una popolazione di origine borgognona, e
non si sentiva affatto francese; e, in ogni caso, la sua appartenenza
al Piemonte costituiva un ostacolo fortissimo ad ogni ambizione di
Parigi di invadere l’Italia.
Per queste ragioni, che Nizza e la
Savoia fossero legate a Torino era essenziale per il sistema di Vienna.
Per le stesse ragioni, Napoleone III, che, da presidente nel 1849,
dittatore due anni dopo, era nel 1852 divenuto imperatore, e aveva
bisogno di gloria militare come quella dello zio, mirava a Savoia e
Nizza. Negli accordi di Plombiers, il primo ministro sardo Cavour
accettò di cederle, in cambio di Milano e Venezia: secondo il modesto
parere di chi scrive, uno sfacciato tradimento della patria, che metteva
in mano allo straniero le chiavi militari d’Italia.
Nizza, saputasi la notizia, affacciò una
corale protesta, e l’intero Consiglio comunale si recò da Vittorio
Emanuele II a chiedere che non subisse la cessione. Poco dopo, un
plebiscito che nemmeno in Bulgaria sanciva che il 99,9% dei cittadini di
Nizza aveva votato per la Francia! Che le urne siano già arrivate
votate da Parigi, mi pare ovvio, e del resto il Buonaparte faceva così
anche in Francia ad ogni passo. Garibaldi, che a Nizza era nato, andò su
tutte le furie contro Cavour; poi però si fece eleggere deputato della
Repubblica francese seguita alla caduta di Napoleone III! Coerenza!
Insomma, i Savoia aveva barattato Nizza e Savoia con altre terre: e tutto questo si
chiamò liberalismo! Ma gravissime furono le conseguenze sulla futura
storia d’Italia e d’Europa. Dopo il 1859, e dopo il 1866, la politica
estera dell’Italia restò gravemente condizionata da tre confini
sfavorevoli: quello del Trentino austriaco, quello del Mediterraneo di
fronte agli Inglesi, e quello della Savoia. Da ognuno di questi poteva
arrivare una minaccia armata. Dovendo scegliere, l’Italia si schierò nel
1882 con Germania e Austria, rischiando continuamente la guerra con la
Francia. E con questa, dopo mezzo secolo di ostilità, finì per
riconciliarsi in parte, con un patto non scritto di non aggressione
sulle Alpi, che ebbe effetto nel 1914 con la neutralità italiana, la
quale consentì alla Francia di difendersi contro l’attacco tedesco.
Nel 1940, quando l’Italia entrò in
guerra a fianco della Germania, e aveva urgenza di un successo militare
prima che la Francia crollasse del tutto, il confine delle Alpi si
rivelò in tutta la sua difficoltà: delle potenti armate italiane vennero
facilmente trattenute più dalle montagne ripide e dalla difesa
dall’alto che da un esercito nemico il quale intanto sul Reno mostrava
tutta la sua inconsistenza anche morale. E la Francia ringraziò
Napoleone III e il suo amico Cavour!
E oggi? Ma oggi i confini militari non
esistono più, di fronte a missili e satelliti. E quelli storici,
dovrebbero affievolirsi, di fronte all’unità europea. Forse… Chissà se
l’Europa non diventerà, invece di un insieme di Stati, una
confederazione di regioni più o meno autonome, e, tra queste, Savoia e
Nizza? È successo per secoli, potrebbe succedere ancora.
di Ulderico Nisticò